Borussia Monchengladbach – Inter 7-1 (Annullata)
Torino – Austria Vienna 1-0
Juventus – Aberdeen 2-0
Milan – Erta Berlino 4-2
Zeleznicar – Bologna 1-1
Teatro della sfida è il piccolo stadio della cittadina posta a circa 60 chilometri da Colonia, dove gli spettatori si assiepano su tribune in legno a stretto contatto con i giocatori. Si tratta del palcoscenico adatto per una battaglia e fin dai primi minuti la sfida assume questi connotati. I tedeschi sono dotati di enormi qualità atletiche che consentono loro azioni velocissime. La difesa nerazzurra controlla a stento gli attacchi dei padroni di casa che già dopo sette minuti danno i primi frutti grazie al gol di Jup Heynckes. L’Inter reagisce immediatamente e al 18’ Boninsegna ristabilisce le sorti dell’incontro insaccando un importantissimo gol esterno. Passa un minuto e i padroni di casa sono di nuovo in vantaggio grazie al belga Lefevre. La gara è spettacolare: velocità e contrasti al limite del regolamento, facilitati dal terreno reso scivoloso dalla pioggia, le danno i connotati di quegli avvenimenti destinati ad entrare nella leggenda. Alla mezz’ora, però, le cose prendono una piega ben diversa: quel che accade ce lo facciamo raccontare direttamente dal giornalista Alfeo Biagi, presente sugli spalti quella sera d’ottobre.
Boninsegna passando esattamente sulla mia testa, e su quelle di Oddone Nordio, del «Carlino», ambedue inviati al seguito dell’Inter in Coppa Campioni.
Gli spruzzi di un liquido scuro (dapprima si pensò fosse birra nera) mi sembra di vederli ancora luccicare nella luce dei fari. E ricordo, come fosse ieri,
l’impatto, durissimo, con la testa di Boninsegna. Che crollò a terra, tramortito.
E vidi, altrettanto distintamente, Sandro Mazzola chinarsi, raccogliere qualcosa, consegnarlo all’arbitro, il disorientato olandese Porpman. Mi voltai di
scatto: un giovane, biondo e atticciato, cercava di sgattaiolare dal suo posto di tribuna, ma fu subito afferrato da un paio di poliziotti che lo trascinarono
via senza complimenti. Avevo un impermeabile chiaro: le macchie di Coca Cola lasciarono un tenue alone anche dopo le fatiche del «Lavasecco», al ritorno
in Italia.
Che cos’ha raccolto Sandro Mazzola dal terreno di gioco? Una lattina di Coca Cola, ma non quella che ha colpito in testa Boninsegna. Resisi conto di quanto accaduto, i calciatori del Borussia si affrettano a nascondere il corpo del reato. Vista l’impossibilità di venirne in possesso, il forte giocatore interista volge lo sguardo alle tribune dove sono assiepati anche numerosi spettatori italiani e in mezzo a loro ne nota un paio in possesso di una lattina della nota bevanda americana. Lestamente si avvicina ai bordi del terreno facendo segno loro di lanciarla in campo. Così, mentre Facchetti e compagni fanno capannello attorno all’arbitro chiedendo la sospensione dell’incontro, Mazzola si impossessa del corpo contundente e lo consegna al direttore di gara ignaro di quanto accaduto.
Ghio prende il posto del bomber di Mantova, chiaramente non in grado di proseguire l’incontro. Facchetti e compagni stando ai regolamenti italiani chetutti pensano mutuati anche all’estero, smettono di combattere andando incontro , ad una terribile sconfitta per 7 a 1. L’Italia ha conosciuto nel ppeggiore dei modi la forza fisica di Heynckes, la classe di Gunther Netzer e la sagacia del belga Lefevre. Prima del termine della gara c’è ancora tempo perché saltino i nervi. L’arbitro concede ai tedeschi un rigore assurdo ad un minuto dalla fine. Corso perde la testa prendendo a calci la “giacchetta nera”. Espulsione e rischio di lunga squalifica.
tutti pensano al rientro in albergo dopo aver evitato l’assedio allo spogliatoio:
Mentre tutti si preparano ad andare a letto, però, un brivido corre lungo le schiene degli astanti: il direttore sportivo Franco Manni, leggendo l’opuscolo del regolamento UEFA, scopre che non c’è nessun articolo a tutela della squadra in trasferta costretta a subire l’uscita dal campo di un suo giocatore a causa delle intemperanze del pubblico locale.
L’avvocato Prisco cerca tra le pieghe qualche cavillo al quale aggrapparsi per evitare un’onta simile e per tutti la notte trascorre insonne.